Dott. Francesco Gabbai, geofisico e responsabile tecnico di Sorgiva

Le recenti analisi di Greenpeace, rese note nel report “Acque senza Veleni“, hanno lanciato un allarme preoccupante: il 79% dei campioni d’acqua potabile prelevati in Italia presenta tracce di PFAS, sostanze chimiche pericolose per la salute umana. Lo studio, il primo a mappare in modo indipendente la contaminazione da PFAS su scala nazionale, ha evidenziato la diffusione capillare di questi inquinanti, che interessano quasi tutte le regioni italiane.

Nel nostro articolo, analizzeremo cosa sono i PFAS, perché sono così problematici e come possiamo difenderci da una simile minaccia silenziosa.

Cosa sono i PFAS?

I PFAS (sostanze poli- e per-fluoroalchiliche) sono composti chimici utilizzati da decenni in diversi processi industriali e in prodotti di uso quotidiano, come rivestimenti antiaderenti, impermeabilizzanti e schiume antincendio. La loro caratteristica principale è l’elevata resistenza chimica e termica, che li rende utili in molte applicazioni, ma al tempo stesso altamente persistenti nell’ambiente. Questa peculiarità ha fatto guadagnare loro l’appellativo di “inquinanti eterni”, poiché non si degradano facilmente, accumulandosi nei suoli, nelle acque e, infine, nel corpo umano.

PFAS a catena lunga e corta

I PFAS si distinguono in due categorie principali, in base alla lunghezza della loro catena molecolare:

  • PFAS a catena lunga: comprendono composti come il PFOA e il PFOS, ormai vietati in molti Paesi per la loro alta tossicità e capacità di bioaccumulo.
  • PFAS a catena corta: come il TFA e il PFPrA, introdotti più recentemente come sostituti dei precedenti. Sebbene siano meno bioaccumulabili, si diffondono più rapidamente nell’ambiente e sono altrettanto difficili da rimuovere attraverso i trattamenti tradizionali delle acque.

Entrambi i tipi sono associati a gravi rischi per la salute, inclusi disturbi endocrini, effetti sul sistema immunitario e un aumento del rischio di tumori.

Cosa prevede la legge

Il decreto legislativo 18/2023, che attua la direttiva (UE) 2020/2184, ha stabilito un parametro indicatore per la somma dei PFAS nell’acqua potabile pari a 0,10 µg/l (100 nanogrammi per litro). Questo valore, che entrerà pienamente in vigore dal gennaio 2026, rappresenta un tentativo di regolamentazione. Tuttavia, molte associazioni, tra cui la stessa Greenpeace, lo ritengono insufficiente a proteggere adeguatamente la salute pubblica, considerando che in alcuni Paesi europei, come Danimarca e Paesi Bassi, sono stati adottati limiti maggiormente restrittivi.

Come eliminare i PFAS dall’acqua di rubinetto?

Le tecnologie maggiormente indicate per eliminare i PFAS dall’acqua sono le seguenti:

  1. Filtri a carbone attivo
    I filtri a carbone attivo sono efficaci contro i PFAS a catena lunga, ma hanno un’efficacia ridotta per quelli a catena corta.
  2. Sistemi ad osmosi inversa
    L’osmosi inversa rappresenta una delle soluzioni più complete per rimuovere sia i PFAS a catena lunga che quelli a catena corta, grazie all’uso di membrane semipermeabili.
  3. Filtri a scambio ionico
    I filtri a scambio ionico utilizzano resine specifiche per trattenere i PFAS, legandoli chimicamente e impedendone il passaggio nell’acqua potabile. Questo metodo è particolarmente efficace per rimuovere sia i PFAS a catena lunga che quelli a catena corta.
  4. Trattamenti combinati
    La combinazione del carbone attivo con l’osmosi inversa o con i filtri a scambio ionico consente di ottenere sistemi più efficaci e performanti, assicurando un’acqua priva di contaminanti.
  5. Manutenzione regolare
    Qualsiasi sistema di depurazione acque richiede manutenzione e sostituzione periodica dei filtri per garantire prestazioni ottimali.

Un appello alla responsabilità collettiva

Il rapporto di Greenpeace è un monito chiaro: la contaminazione da PFAS è un problema reale e diffuso, che necessita di azioni urgenti. Sebbene soluzioni tecnologiche come i filtri domestici possano offrire una protezione immediata, è indispensabile che le istituzioni si impegnino per ridurre l’uso e la produzione di queste sostanze, promuovendo normative più severe e supportando la transizione verso alternative più sicure.

La nostra salute e quella delle future generazioni dipendono dalle scelte che facciamo oggi.

Sorgiva si unisce all’appello di Greenpeace per un’acqua potabile priva di contaminanti, continuando a offrire soluzioni innovative per il trattamento delle acque e sensibilizzando sull’importanza di una gestione sostenibile delle risorse idriche.

Sorgiva Srl – Leader nel trattamento acque

Operiamo nelle regioni Lazio, Abruzzo, Molise, Toscana, Umbria, Campania e Puglia.

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immagine di copertina sotto licenza CC-BY-20 dal sito di Greenpeace.