L’emergenza siccità che ha colpito Roma in questi ultimi mesi ha messo drammaticamente in luce un problema che non riguarda solo la capitale ma buona parte del territorio nazionale, soprattutto le regioni meridionali: la carenza di acqua potabile. Di fronte ad un possibile razionamento dell’acqua è intervenuto il Consiglio Nazionale dei Geologi, secondo cui “la riduzione dell’acqua nelle reti ne provoca un calo della qualità”. Nei comunicati stampa dei geologi si legge inoltre:”la gestione delle risorse idriche deve preparare le riserve per i periodi di siccità utilizzando anche il sottosuolo e le falde in esso contenute come una banca d’acqua” da adoperare all’occorrenza.
Si evidenzia, quindi, l’importanza di adottare misure preventive piuttosto che intervenire nelle emergenze con provvedimenti drastici, spesso inefficaci e antieconomici. Il Presidente della Fondazione Centro Studi del Consiglio Nazionale dei Geologi, Dott. Fabio Tortorici, ha ribadito, in alcuni interventi mediatici di fine agosto, che la soluzione adottata da molti Comuni, soprattutto nel meridione, di ridurre l’acqua immessa nella rete tramite turnazioni nell’erogazione dovrebbe essere “un rimedio estremo” che avrebbe come conseguenza un decadimento della qualità dell’acqua.
Infatti, spiega Tortorici, “finché le reti degli acquedotti sono in pressione, dai fori presenti nelle condotte l’acqua fuoriesce e si disperde, ma quando si sospende la circolazione del fluido, avviene il processo inverso, quindi per fenomeni di depressione dagli stessi fori può avvenire l’aspirazione di sostanze di varia natura (terreno, reflui ecc) verso l’interno delle tubazioni, arricchendola di inquinanti”. Inoltre, secondo il geologo, quando una rete è scarica si produrrebbero fenomeni di ossidazione, aumentando la proliferazione batterica e se le reti idriche e quelle fognarie sono vetuste e fatiscenti “è facile immaginare a quali rischi si potrebbe andare incontro”.
Il Dott. Tortorici precisa, inoltre, che dalle risorse idriche sotterranee si “preleva acqua di buona qualità” se si escludono le aree ad alta densità industriale e aggiunge che “le maggiori riserve di acqua sono quelle sotterranee, si può prelevare acqua da pozzi profondi anche 100 metri e spingersi fino a 300 metri”. Alla luce delle dichiarazioni degli esperti è palesemente prioritario oggi impegnarsi nella tutela di questo inestimabile bene messo a rischio dalla siccità e dall’azione antropica. In Italia ci sarebbero all’incirca una decina di migliaia di pozzi autorizzati per il prelievo di acqua potabile, i Comuni e gli Enti locali, afferma Tortorici, dovrebbero avere un quadro conoscitivo aggiornato di tutti i pozzi autorizzati sul loro territorio. La realtà, purtroppo, è che i censimenti sono vecchi e le norme che regolano lo sfruttamento delle acque superficiali e sotterranee si basano su un Testo Unico che risale al 1933.