Cosa sono i Pfas?

 Le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) sono un gruppo di composti chimici (oltre 4000) a base di fluoro e carbonio, un legame altamente resistente sia alle alte temperature che agli acidi, all’acqua e ai grassi. Per questa loro solidità sono definiti “prodotti chimici eterni”, in quanto resistono molto a lungo nell’ambiente, nella fauna e nella flora.

L’uomo ha iniziato a produrre queste sostanze a partire dagli anni ’40. Da allora, i Pfas hanno trovato largo impiego in una vasta gamma di applicazioni industriali: soprattutto nel tessile, ma anche nella produzione di imballaggi di carta e cartone, cosmetici, utensili da cucina (pentole antiaderenti), schiume antiincendio, vernici, pesticidi e anche in alcuni farmaci.

I Pfas sono onnipresenti nell’ ambiente

In poche parole, i Pfas sono presenti ovunque: nel terreno, nell’ acqua e negli alimenti. Si diffondono nell’ ambiente dove persistono per anni e non si dissolvono a contatto con l’aria, l’acqua o il sole.

Questi acidi, molto apprezzati in ambito industriale, rappresentano un vero e proprio pericolo per l’ambiente e la salute. Infatti, gli scarichi delle industrie permeano il terreno e inquinano le falde acquifere. Di conseguenza, contaminano le acque dei pozzi destinate al consumo umano e utilizzate per irrigare campi e abbeverare il bestiame. Purtroppo, concentrazioni di Pfas sono state riscontrate anche nelle acque di rubinetto, soprattutto nel Veneto. Tuttavia, la presenza di sostanze perfluoroalchiliche è un fenomeno ampiamente diffuso e riguarda la maggior parte delle regioni del nostro Paese.

PFAS nel Tevere
Mappa del Lazio che mostra la collocazione delle stazioni di rilevazione di PFAS lungo il Tevere nel tratto urbano a Roma.

Dark Waters, acque nere

Il film Dark Waters di Todd Haynes, uscito in Francia a febbraio scorso, ha recentemente riportato l’attenzione sul pericolo delle contaminazioni chimiche. Tratto da una storia vera, il film ripercorre le vicende giudiziarie di un tenace avvocato alle prese con un gigante della chimica. Il caso risale al 2016, quando una piccola comunità della Virginia occidentale accusò la potente azienda DuPont di aver contaminato il territorio e causato patologie e morti per avvelenamento da Pfas. All’epoca dei fatti, l’evento ebbe una grande risonanza mediatica a seguito dell’inchiesta fiume del New York Time Magazine.

Dark Waters, oggi, ha il merito di aver riacceso il dibattito su questo argomento.

National Geographic nel suo lungo articolo, parla di inquietanti “sostanze nocive eterne” e cita il ricercatore David Andrews che afferma

“Penso che  (queste sostanze) rappresentino una delle principali minacce al consumo di acqua potabile. La popolazione non ha preso totalmente coscienza del pericolo che esiste da decenni”.

Il quotidiano francese Liberation del 17 giugno 2020, in una lunga inchiesta, mette in luce come queste sostanze possono “viaggiare” via aerea attraverso lunghe distanze, contaminare aree lontane dai siti di produzione o di utilizzazione intensiva (aeroporti e basi militari). Secondo la testata parigina, dosi massicce di Pfas sono state riscontrate addirittura nei tessuti e organi degli orsi polari o dei mammiferi marini dell’Artico.

Le sostanze perfluoroalchiliche hanno contaminato soprattutto gli ambienti acquatici.

Nel 2013, una ricerca condotta dal CNR sulla presenza di sostanze perfluoroalchiliche nei bacini fluviali italiani aveva disegnato per la prima volta un quadro molto preoccupante: le acque venete (e non solo) risultavano particolarmente contaminate da sversamenti industriali che avevano contaminato, in un’area di circa 150 km, le acque superficiali e di falda, nonché pozzi privati ad uso alimentare ed irriguo. Di conseguenza, l’Istituto Superiore di Sanità del Ministero della Salute aveva messo in guardia sulla pericolosità della contaminazione e i rischi per la salute umana.

PFAS nei bacini italiani
Bacini italiani affetti dalla presenza di PFAS. Questa immagine e quella precedente provengono da uno studio del CNR pubblicato sul sito del Ministero dell’Ambiente qua: https://www.minambiente.it/sites/default/files/archivio/allegati/reach/Polesello_PFAS.pdf

Conseguenze sulla salute

I Pfas sono sostanze molto nocive e, secondo alcuni studi, potrebbero essere responsabili di squilibri nel metabolismo dei grassi, colite ulcerosa, ipertensione in gravidanza, malattie della tiroide, tumore al rene e ai testicoli. Inoltre, è stato riscontrato un indebolimento del sistema immunitario e una diminuzione di risposta ai vaccini.

A questo proposito, il quotidiano britannico The Guardian ha titolato un articolo del 29 aprile 2020 “I prodotti chimici tossici nelle nostre case potrebbero aumentare la minaccia del Covidi-19”, riferendosi agli effetti dannosi dei Psas sul sistema immunitario.

Come intervenire

La presenza di tracce di inquinanti chimici nell’acqua di rubinetto rappresenta una preoccupazione seria, soprattutto nei Paesi industrializzati. In Italia, tra le regioni maggiormente colpite c’è il Veneto dove moltissime persone sono state esposte ad alti livelli di contaminazione da sostanze tossiche provenienti da vecchie fabbriche.

Tuttavia, finora le tracce di Pfas riscontrate nelle fonti idriche sono ai limiti di quanto previsto dalla legge.

Possono contenere tracce di Pfas anche le acque in bottiglia, meno controllate delle acque di rete. D’altronde, la legge non obbliga a produrre test specifici.

Fermo restando che i gravosi problemi dei tempi moderni, legati all’industrializzazione e al progresso, dovranno essere affrontati dalle autorità competenti, tuttavia a livello privato è possibile intervenire per garantire un’acqua sicura all’interno delle mura domestiche, degli uffici e dei luoghi di lavoro in genere.

Esistono vari sistemi per rimuovere le tracce di polifluoruri dall’acqua:

Se desiderate avere maggiori informazioni su questo argomento potete scrivere a

contatti@sorgiva.info

oppure telefonare allo

0655301052