Vietato l’uso dell’acqua vicino all’Aeroporto di Frosinone

La stampa locale della Ciociaria ha dato notizia dell’ordinanza nr 132 emessa, lunedì 19 marzo 2018,  dal sindaco di Frosinone che vieta l’utilizzo delle acque sotterranee nell’area situata vicino all’aeroporto e che si estende fino al confine con il comune di Ferentino. L’ordinanza è stata emessa a scopo cautelativo a seguito della nota inviata al Comune dall’Arpa Lazio, l’agenzia regionale per la protezione ambiente, in cui si evidenziava “la possibile potenziale contaminazione delle acque sotterranee a causa della presenza di solventi clorurati”. C’è, quindi, il sospetto che le acque di quella zona siano inquinate da residui di lavorazioni industriali o da situazioni pregresse che si sono consolidate nel tempo. Si è fatto divieto, pertanto, di utilizzare le acque sotterranee per scopi irrigui, agricoli, per l’abbeveraggio del bestiame, per l’uso domestico e per il consumo umano. Tale provvedimento è stato emanato a scopo precauzionale nell’attesa dei risultati delle analisi in corso volti a verificare la presenza, oltre i limiti, di sostanze inquinanti. Tuttavia, si legge nell’ordinanza “chiunque tra gli interessati dal presente divieto dimostri, sulla base di proprie specifiche analisi fatte eseguire da propri tecnici di fiducia, che le acque sotterranee dei propri terreni non risultano potenzialmente contaminati da solventi clorurati, verrà immediatamente esentato dal dover rispettare, per detti terreni, la presente disposizione”.

Frosinone

Foto di Syd00 da Wikipedia sotto licenza CC-BY-SA-3.0

È noto che i solventi clorurati sono particolarmente tossici per l’organismo e possono provocare gravi problemi soprattutto al fegato, al rene e al sistema nervoso centrale. Inoltre, potrebbero avere un effetto cancerogeno.

Si ricorda, infine, che Il territorio laziale della Ciociaria è ripetutamente oggetto di allarmi per la presenza di arsenico ed altri inquinanti nelle acque ad uso domestico, e spesso l’Acea o i sindaci dei comuni sono costretti ad interrompere, a scopo cautelativo, l’erogazione dell’acqua potabile proveniente dagli acquedotti o dai pozzi.